mercoledì 26 marzo 2008

Batalha

Entrare in una cappella a cielo aperto fa un effetto strano, vista la nostra storia costruita da secoli di edifici religiosi con le più diverse e stupefacenti cupole, con affreschi che hanno letteralmente fatto la storia dell'arte.
La sorte s'è messa in mezzo a questa cattedrale, costruita per la grazia divina che fece vincere la grande battaglia – batalha – a João I contro gli spagnoli; iniziata nel XIV secolo, continuata ed incompiuta. La cupola di questo Panteão de D.Duarte, meglio conosciuta come cappella incompiuta, è il cielo aperto: non è mai stata costruita. Così a noi rimane l'effetto di entrare dentro una cappella, alzare lo sguardo e vedere il cielo, ed il sole che illumina, vivo per una volta, vetrate e colonne.


cappella incompiuta


La foto non rende, in realtà. È un posto da calpestare, bisogna guardarsi intorno a 360° per poter capire. Non sono riuscito neanche a pensare ad una foto che riuscisse a rendere il trovarsi in quel posto.
(ed è una piccola soddifazione il fatto che sfoglando la rete non sia riuscito a trovarne)

Posso solo immaginare come possa essere quel posto con la volta stellata di una notte estiva. Quando avrò un obiettivo a 10mm, vorrò tornarci.




Per la cronaca:
La cattedrale ha anche un resto. Non finisce lì.
O meglio, lì finisce, ed è ancora incompiuta, ma ci sono tonnellate di pietra, prima, da vedere. Bella e completa di tutto. Ed è per questo che non mi è rimasta così impressa, che al posto di essere unica è una. E comunque, rimane un gran bel posto da visitare.
Quel giorno rimbalzavamo da una visita guidata all'altra, comunque, che seminare guide turistiche nostrane in giro per i paesi stranieri ha sempre il suo fascino.


Finestre


L'effetto più piacevolee particolare mel'hanno lasciato queste vetrate, che investite dalla luce piena del sole, proiettavano luci multicolori per la navata. Nell'arco di una breve mezz'ora il fascio di luce colorata è entrato a sorpresa, si è attraversato tutta la navata, e se n'é andato. Giusto li tempo di giocarci un po' ed immortalarlo.

Spots


A dire la verità, tutta quella gente lì dentro sembrava notarle a malapena, a parte noi, rimasti a giocare con le luci per tutto il tempo che ci è stato dato.

Ammirando le luci

prove tecniche di cliché di fotoritocco

Un po' giocherellando ed un po' studiando gli effetti che si possono ottenere anche con gli strumenti più semplici, cercando di rimanere sul filo fra il bell'effetto e la pecionata. In ufficio, fra un impegno e l'altro.
Soglia
Posterizza
Opacità
Dissolvenza
Nient'altro.
Non vi sto a raccontare anche la storia di questa foto.
Immagine effettata

martedì 18 marzo 2008

Lame! (in preproduzione)

C'è qualcosa di magico nel far scivolare una lama di rasoio sulla propria gola, anche se profonda meno di un millimetro.
Mentre la lama si muove, la mano deve essere ferma, non ti puoi permettere neanche la minima incertezza. La testa si riempie della sensazione della lama che si muove. Non c'è più spazio per nessun pensiero.
Tutto il resto diventa relativo, perde importanza, non c'entra niente. Tutta la tua vita resta fuori.
In quel momento sarebbe di troppo.


È un rito fatto di gesti. La luce, lo specchio, il rasoio. Le forbici. L'acqua calda sulla barba, il pennello sul sapone. Ciascuno serve per prepararsi, per purificarsi, ad ogni movimento la testa si svuota, il mondo prende le distanze.
Quando arrivi a maneggiare la lametta fra le dita e montarla nel rasoio, la mano è già fluida, sei da solo, e li resto della tua vita è diventata indistinta.



Mi piace metterci il tempo che ci vuole. Pochi minuti di rasoio elettrico sono pochi minuti sprecati, mentre mezz'ora in questo modo è piacevole.


Per le foto, le sto studiando, scattando e scegliendo.
Intanto, vi rimando ad Eriadan, che riesce in così tanto poco a rendere l'idea del piacere di una cosa tanto semplice.
Che, come dice lui,
possono capire solo gli uomini.

domenica 9 marzo 2008

Sacro e Profano

Questa mattina mi trovavo davvero così. È bello sentire il rumore dei martelli che battono sul foglio, sempre più veloci, al ritmo delle dita, che è il ritmo del cervello che batte.
Una sensazione strana, saranno stati vent'anni che non ci mettevo le mani sopra, dal commodore in poi. Però, sentire che c'è qualcosa di concreto sotto le dita è particolare; non so se mi piaccia, ma ha qualcosa di diverso.

Sacro e Profano


Quel ticchettare ritmico sembrava strapparmi le parole dalla testa, uscivano così, fluide. Cancellava tutto ciò che avevo intorno, come una bolla di quiete.
Adoro il suono della campana di fine riga. Non so perché.


Finalmente sono riuscito a mettere un'altra foto. Cotta e magnata, come si dice dalle parti mia: quando le ho viste insieme, è stato "ora o mai più". Non penso che questo significa che riesca a riprendere subito un ritmo, però senza rimurginare lo prendo per quello che è, un inizio.
Saluti.